Viva il Gambero rosso che stronca Niko Romito

gambero rosso

Il Gambero Rosso, una delle riviste che hanno segnato la storia del giornalismo enogastronomico in Italia, il 27 luglio scorso ha pubblicato un articolo, a firma di Lorenzo Ruggeri, dal titolo eclatante: Provaci ancora, Niko.

Il cronista della rivista, nata nel 1986 come dorso del quotidiano comunista il Manifesto, ha testato il nuovo ristorante romano del pluridecorato chef Niko Romito, affibbiandogli un secco 4 in pagella.

Ruggeri ha lamentato, con dettagli molto precisi, un servizio di sala approssimativo e lacunoso.

Sotto il profilo più squisitamente gastronomico le défaillance colte dal critico sono state molte.

Invero, talvolta approssimative o poco chiare:

«l’insalata di astice blu, crema di zucchine, misticanza e pepe rosa è armonica ma altrettanto blanda in intensità e complessità»

oppure

«i tubettoni zucchine, menta e Parmigiano Reggiano non sono da meno, invece di rilanciarsi si siedono su una consistenza e un sapore monotono e leggermente prevedibile».

La prosa e le foto a corredo del pezzo di Ruggeri appaiono più consone a canali amatoriali di recensioni gastronomiche che non a una rivista patinata, seppur in versione web. Ciò, tuttavia, può ben essere l’effetto predeterminato di precise scelte redazionali di stile, che nulla levano o aggiungono alla sostanza della aspra critica.

L’articolo ha innescato una ridda di commenti di cui ha beneficiato la rivista, che ha registrato un’impennata di clic.

La critica gastronomica si è schierata su due fronti.

Una parte ha accolto la stroncatura come un momento di libertà se non di emancipazione dalla soggezione allo star system dei grandi chef, i quali oggi si propongono come ultimi degli intoccabili.

Un’altra parte, predominante, con toni altezzosi, ha criticato il critico per aver criticato.
“Non si recensisce un ristorante a un mese dalla sua apertura” hanno tuonato voci di settore, illustri e meno illustri..

Ohibò, che ardire!

Il ristorante finito sotto la scure del Gambero Rosso, però, è l’esito di un investimento multimilionario (si parla di 20 milioni). È parte dei fasti, dell’eleganza, dell’ampollosità ed esclusività di un Bulgari hotel.

Il ristorante Niko Romito

Da una struttura del genere, pretendere il massimo dal primo secondo di operatività dovrebbe essere pacifico.

Vieppiù che nessun grande ristorante opera un temperamento dei prezzi per il periodo di presunto rodaggio che alcuni critici hanno arbitrariamente stabilito esistere.
Ma lo sanno che nemmeno per le Panda, al giorno d’oggi, esiste più il periodo di rodaggio?

Perché tanta critica rivendica un’attenuante per il grande chef, senza per altro mordere le anzidette debolezze del pezzo, pur lampanti?

Vien da pensare esista una soggezione agli chef stellati, la cui suscettibilità non va urtata.

Le sommarie e generiche accuse al Gambero Rosso, per altro verso, denunciano il tradimento della missione giornalistica.

Nessuno si cura di apprezzare Ruggeri per aver reso un servizio ai suoi lettori, mettendoli sul chi va là. Nessuno si prende la briga di contestare il contenuto dell’articolo di Ruggeri, sostenendo, per dire, che il servizio del ristorante sia ottimo e tutti i piatti ben eseguiti nonché prelibati.

Tanti, troppi, invece, si prodigano di costruire artificiose scusanti al grande chef, allo staff, alla proprietà.

Si testimonia, così, della sovversione oramai realizzatasi nel mondo della critica gastronomica, embedded a tutti gli effetti nelle brigate di servizio dei cuochi.

Non c’è da stupirsi, del resto. Il giornalismo enogastronomico serve, per lo più, gli interessi degli operatori economici. Dei lettori non importa, se non a pochi.

Il Gambero rosso oggi è attaccato per la severità della sua critica. Nessuna voce si è mai levata, però, per contestare la generosità con cui la stessa rivista ha giudicato tanti vini e ristoranti, a scapito dei lettori.

Per stare solo al territorio che conosco meglio, quello campano, si è perso il conto delle corone a 3 bicchieri finite sui colli di bottiglia di falanghine infingarde, sconnesse da ogni peculiarità del vitigno, del territorio, della storia. Schiacciate e appiattite dal lavoro di cantina.

Elogiare al di là dei meriti, insomma, è lecito, criticare no!

I soloni della critica gastronomica, non per caso, li si vede accomodati accanto a chef e vignaioli e mai alzare il ditino o la vocina nell’interesse dei lettori.

Viva allora il Gambero rosso, viva la stroncatura di Niko Romito e viva il coraggio di Lorenzo Ruggeri.