Una citofonata mancata (a Milano)
«Otto ore di viaggio, strilloni italiani ininterrottamente a telefono, aria condizionata sadica e mi impedisci di citofonare. Con chi cazzo stai?»
La questione è che, sotto lucidi ottoni retrò, ultramoderni circuiti attivati solo da combinazioni segrete inibiscono la citofonata isterico-esuberante. Qui, nel quadrilatero del silenzio, a Milano non si può citofonare a sorpresa.
«Non ho detto che non puoi citofonare. Non ti ho dato la combinazione, ma sol perché banalmente, innocentemente, non sono a casa. Mi faccio compagnia con un fine rosso risorgimentale in divisa azzurrina. Mi raggiungi?».
«Sono stanca e nervosa».
«Appunto. Ti mando un Uber. Non fare casini col citofono, intanto. Non vorrei esser cacciato a pedate. Penso che aver trovato sistemazione lì sia il colpo di fortuna della mia vita».
Milano, zucchero e catrame
Milano è frenetica. Milano mi ha fatto fuggire. Milano mi trattiene. «Milano sguardo maligno di Dio, zucchero e catrame».
Milano ha i suoi rifugi. E in poco ho trovato i miei. Uno è Vino al Vino. Più che un rifugio. Si può capitare al tavolaccio con sconosciuti, accomodarsi affianco a spiriti inafferrabili. Un luogo dove l’anima solitaria deglutisce vino per bruciare pensieri e girare pellicole oniriche, lancia sguardi fuggevoli e precisissimi per strappare dal reale cosce, gonne, cravatte, scarpe, mani, rughe, cipigli e altri dettagli minimi con cui disegnare storie di vite immaginarie.
Vino al Vino: rifugio tra spiriti e calici
Antonio—non io, il fondatore e animatore di questo luogo incantevole—mi ha sistemato vicino alla vetrina con un bicchiere di Dogliani 2022, Lapo Berti.
Così, mentre attendo il passo deciso di Irene, annoto:
rubino profondissimo e riflesso di viola. Intensi profumi di frutti rossi freschi e in confettura.
Dogliani 2022, Lapo Berti: un vino per aspettare Irene
Le sensazioni sono forti ma una percezione imprecisata mi fa allungare lo sguardo alla porta. Sta entrando una donna. Non è lei.
Mi riassale il Dogliani. Salvia, alloro, buccia d’arancia, marasca, mandorla, viole, petali vellutati amari.
Contrasti, contrappunti. Ingresso delicato, sottile, discreto. Poi sprigiona tipico amaro che si spegne in una spiccata sapidità. Ritornano i fiori, i petali di velluto spruzzati d’agrume e sale. Sale, sale, salicornia. Arriva anche una fievole presa tannica.
Note di marasca e nostalgia
«È una lettera d’amore per qualcuna delle apette che ti ronzano intorno?». Non l’ho sentita arrivare, assediato dal vino e dalla scrittura.
Adoro il Dogliani. Adoro lei di più. Alzo lo sguardo. È bellissima, come sempre. Anzi, sempre di più. Ha una posa rigida, quasi impostata, ma la porta con naturalezza. Gli occhi scuri sono come sprofondati sotto la fronte. Saettano rapidamente. Ho la camicia che comprammo insieme a Londra. Che coincidenza. No, le coincidenze non esistono. Qualcosa deve avermi suggerito la possibilità che arrivasse. O forse era solo nostalgia, desiderio di rivederla.
Irene appare: bellezza, sarcasmo e controllo
Scruta, analizza, deduce. Troppo acuto il volto per dire che sia un giudice. E manco c’entra la professione di medico. È il cinismo analitico.
Il volto è fermo, la pelle senza pieghe. Non ha nemmeno quei cedimenti minimi, quelle rese quasi impercettibili, incontrollabili, della stanchezza.
Eppure si coglie la gioia. È la lieve piega delle palpebre, quasi a stringermi negli occhi.
Abbracciarmi sarebbe banale, per lei. Ha un’espressione arguta, qualcuno dice severa. Ma io riconosco quella piega dell’occhio.
L’inclinazione del mento, ad indicarmi la mise per farsi apprezzare.
E le mani. Ah, le sue mani. Una protesa, tirata su dai nervi tesi del polso. L’altra floscia, come abbandonata a un piacere presagito.
È sexy. Ostenta un inutile e falso cinismo. Forse una posa di lavoro, probabilmente vanità.
Seduzione e sapori: il piacere della consapevolezza
So cosa viene dopo, più tardi. Ora, però, è il momento del piacere più completo, consapevole.
Accarezza orgoglio e vanità il sentirsi colui che ha accesso alle smorfie segrete di quella donna che con naturalezza si mostra inarrivabile, scostante, altera.
Io so che è qui per me.
Io so com’è quando cede al sentimento, alla tenerezza, al piacere.
E mi beo.
«Bentornata da me»
«Non parli? Troppo preso dalla scrittura. Non deve essere un’apetta, stai scrivendo proprio a una troietta».
«Bentornata in Italia. Bentornata da me».
«Sono a Milano per un congresso».
«Ora sei da me. Poco fa stavi tentando di citofonare me. È bello vederti. Siediti. Bevi?»
*To be continued (con altri due vini).*
Vino al Vino
via Gaspare Spontini, 11 – Milano
02 2941 4928
La foto di Irene è pubblicata col suo consenso.
La foto del bicchiere è stata scattata da Vino al Vino il 21 marzo 2025
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