Una pastiera moderna che innova nel solco della tradizione

Trasmissioni televisive, blog, rubriche sui giornali, siti, riviste specializzate, workshop, forum, convegni, congressi, eventi (parola molto di moda) e chi più ne ha più ne metta. Un gran casino, insomma. Tutto sulla cucina, sul fuud (food).

Abbondano, ovviamente, banalità, bestialità, panne cotte, cazzate.

Ci sono anche le classifiche: i dieci migliori grissini, i quindici definitivi stinchi di maiale, le trentacinque migliori spremute d’arancia e via di classifica in classifica (io non ho mai capito come fanno le classifiche).

C’è, poi, la gastrofuffa per eccellenza: la tradizione, l’innovazione, il territorio, le stagioni, la cultura, l’arte. Su questi concetti il profluvio dissennato di pensieri arbitrari è patologico e imbarazzante.

I master chef impazzano al punto da inventare la castronata del secolo ossia l’alta cucina della patatina fritta, senza sapere che Rocco le patatine le ha già belle che cotte, tutte. Avvertiteli, per favore.

Ad ogni modo, poiché ho deciso sia giunta l’ora che questo sito salga di livello, voglio postare anche io qualcosa di serio, di tendenza che possa raccogliere quella milionata di cliccate di pornogastronauti, quei web utenti insomma che hanno il browser aperto su “giallozaffato” o “pignatonewineblog” e poi la finestra in incognito su pornhub et similia.

Vi racconto, dunque, di come sia possibile con quattro brevi mosse rinnovare una ricetta della tradizione, lasciando inalterate le componenti base ma aggiungendo quel tocco che la creatività, la modernità e la tecnica ci consentono.

Veniamo dunque a noi.

La ricetta che propongo tiene conto dei ritmi forsennati dei tempi moderni, dell’impossibilità di passare molte ore ai fornelli senza che il gusto ne rimanga compromesso. Tutt’altro, questa composizione colpirà le vostre papille in modo memorabile.

Acquistate o fatevi preparare una pastiera. Va bene qualsiasi pastiera che non sia una frittata di grano, ovviamente più chic e very trendy sarebbe l’uso di grani antichi, preferibilmente medievali, uova biodinamiche, ricotta di latte di troia nera casertana, butirri autoctoni.

Abbiate cura di dividere la pastiera in quattro spicchi con un coltello a lama ceramica, affinché non si verifichino fenomeni di ossidrici di annerimento.

Avvolgete, quindi, due spicchi in carta d’alluminio e altri due in fagottini di carta forno. Assicuratevi che i fagottini non siano chiusi troppo bene, deve passare aria e soprattutto acqua.

Ciò fatto riponete, alternando spicchi in carta argentata e spicchi in carta forno, in una busta di plastica di dimensioni tali che i pacchetti stiano belli comodi. Questa preparazione sublime non richiede cotture perché parte da elementi già pronti. Saranno la tecnica del semisottovuoto e quella della lenta infusione a creare la magia del sapore.

Orbene, ponete nella busta, accanto ai fagottini di pastiera, leggermente inclinato, un vasetto di crema di asparagi per metà aperto, senza scolare l’acqua di sedimento e vegetazione. Ponete la busta sul sedile posteriore della vostra auto ed uscite per i vostri affari o anche i vostri incontri galanti con escort, amanti e toyboy. Le persone che sanno apprezzare l’alta cucina non di rado apprezzano anche i piaceri della carne ma è meglio non parlarne.

Per un miglior risultato (della ricetta, beninteso) preferiate le strade tortuose con frequenti saliscendi o posizioni che creino violente onde d’urto.

Quando saranno trascorse almeno due ore potrete rincasare.

Ponete la busta nel lavandino della cucina, asportate i fagottini di pastiera e scartocciateli.

Servite una fettina di pastiera da cartoccio argentato accanto ad una fettina da cartoccio di carta forno.

Se le semplici regole testé esposte saranno state eseguite alla perfezione, gusterete una stupefacente pastiera al retrogusto (e forse anche antegusto) di asparago. L’asparago, acre d’odore, intenso nel gusto, si armonizza alla perfezione con la pastosa delicatezza della pastiera, creando un effluvio di sensazioni gusto-olfattive che sconvolgeranno i vostri codici di percezione del cibo.

Innovazione nel solco della tradizione, richiamo al territorio ed alla stagionalità.

High level.

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