Inquinare i pozzi

Mastella beve acqua
IL FATTO

Alle 19.56 di giovedì 17 novembre l’ARPAC, Agenzia Regionale Per l’Ambiente della Regione Campania, comunica che l’acqua attinta dai pozzi di contrada Pezzapiana di Benevento è inquinata. La quantità di tetracloroetilene rilevata supera di oltre venti volte il limite di legge.

Il Sindaco della città immediatamente emette un’ordinanza precauzionale, a tutela della salute pubblica, vietando l’uso potabile dell’acqua. Sono interessati i quartieri più popolosi della città e numerose contrade. Non meno di trentamila persone.

LA REAZIONE

Il disappunto e la preoccupazione rapidamente si diffondono e attanagliano i cittadini. Atti quotidiani e automatici come lavarsi i denti, lavare la frutta, cuocere la pasta, fare il caffè perdono la loro ordinarietà, divenendo momenti in inquietanti di dilemmi.
Nessuna autorità, infatti, si preoccupa di precisare cosa debba intendersi per uso potabile. Certo non si può bere. Ma tutto il resto? Gli esercizi commerciali come devono regolarsi? Le scuole, dove gli studenti non è infrequente bevano dai rubinetti, dovranno chiudere? Le mense? I panifici?
Interrogativi angosciosi di cui nessuno prende cura di farsi carico e chiarire. Né nell’immediatezza né nelle ore successive.

Eppure nell’ordinanza c’è scritto che la violazione del divieto d’uso potabile, a prescindere dai rischi per la salute, costituisce reato.

Sulla pagina Facebook del Sindaco nessuna ulteriore notizia. Campeggia e continuerà a campeggiare un post, dal sapore surreale, di critica alla polemica sul viaggio istituzionale della Meloni con la figlia a Bali.

Il Comune si limita a pubblicare il testo dell’ordinanza.

ASL e Arpac tacciono.

La Gesesa, in un commento social, suggerisce di bollire l’acqua per renderla potabile. Successivamente, posta innanzi all’evidenza di un documento del Ministero della Salute, rettifica, precisando che la bollitura non è sufficiente, occorre la filtrazione.

LE AUTOBOTTI

Il Sindaco ha ordinato la predisposizione di servizi per l’attenuazione del disagio tramite la distribuzione di acqua potabile. Al risveglio, venerdì mattina, però ancora non se ne sa nulla. Passeranno circa 15 ore prima che la Gesesa dislochi cisterne di distribuzione in soli tre punti della città. Tre punti di distribuzione per trentamila persone.

L’acqua nei supermercati va a ruba. In qualche caso si registra lo sciacallaggio commerciale dell’aumento del prezzo. Anche di questo nessuno si prende cura.

LA CHIUSURA E LA RIAPERTURA DEI POZZI

Nel primo pomeriggio dai rubinetti di mezza città l’acqua smette di scorrere. I pozzi sono stati chiusi. Passano un paio d’ore e il Prefetto ne ordina la riapertura.

Numerosi esercizi commerciali che impiegano l’acqua per usi diversi da quello potabile (i parrucchieri, per esempio), intanto, sono costretti a mandar via i clienti.

Non si contano le testimonianze di esercenti che lamentano la disdetta di prenotazioni in ristoranti, pub e pizzerie.

ERA UN ERRORE, FRIZZI E LAZZI

È sabato, intanto. Siamo a 36 ore dall’ordinanza. La città è inquieta e disorientata. Per quanto ancora durerà l’emergenza? Come si potrà risolvere? E l’acqua che abbiamo bevuto sinora? Sono tanti gli assilli delle persone che non trovano risposta né conforto in alcuna informazione ufficiale.

A mezzogiorno la svolta.

Il Sindaco, pacioso e giocherellone, attorniato da altrettanto paciosi e sorridenti Assessori nonché dagli amministratori della società Gesesa, racconta aneddoti in diretta social. llustra di progetti futuribili dinuove acque da mettere in circolo forse nel 2026. Annuncia un piano gas: permesso di accendere i termosifoni un giorno prima del previsto. In molti, da subito, rilevano un tono incoerente con la gravità della condizione che la città sta vivendo. C’è irritazione, ma si presagisce che il coupe de theatre è in arrivo. E arriva. Si palesa sotto le spoglie di un dipendente comunale che consegna un foglio.
La scena è cinematografica. La pletora di assessori alle spalle del Sindaco sorride beffarda, con aria di chi già conosce il seguito. Un consigliere si alza e sbircia, in posa ridicola, sopra la testa del Sindaco, per supervisionare il foglio. Ecco l’annuncio: i nuovi valori rilevati dall’ARPAC sono dieci volte sotto la soglia di legge per l’inquinamento da tetracloroetilene. Il sindaco firma in diretta l’ordinanza di potabilità. E beve. Beve l’acqua che giovedì sera era inquinata pesantemente e che sabato a mezzogiorno non lo è più.

LA RIVELAZIONE E LA MINACCIA

Segue la rivelazione: “l’abbiamo sempre saputo”. L’ARPAC ha sbagliato la misurazione giovedì. “Denunceremo i responsabili” annuncia Mastella, “i nostri dati sono stati sempre buoni”.

L’Arpac a stretto giro pubblica un comunicato per riaffermare la assoluta correttezza e rigorosità dei propri controlli.

I DUBBI

Restano inevasi, ad angustiare la popolazione, molti interrogativi.

Perché si ritiene sbagliata la misurazione di giovedì (250 – acqua inquinata) e giusta quella di sabato (1 – acqua potabile)? In virtù di quali prove inconfutabili si afferma che l’Arpac ha commesso un errore? Perché, il Sindaco, che si era formato il convincimento di questo errore, non ha ordinato una urgente misurazione da parte di un organismo terzo, indipendente e scientificamente autorevole? Perché non sono state fornite informazioni precise, a mo’ di decalogo, sui comportamenti da assumere? Perché non sono stati effettuati controlli sui prezzi dell’acqua nelle rivendite? Perché non si è assunto nessun provvedimento per gli esercizi commerciali? Perché la GESESA ha atteso 15 ore per dislocare le autobotti? Perché i pozzi sono stati chiusi e poi riaperti? Perché non sono stati forniti costanti aggiornamenti sull’evolversi della situazione? Potrà accadere di nuovo?

IL MALUMORE

La gestione delle 36 ore di crisi restituisce la sgradevole sensazione di indifferenza all’impatto pratico ed emotivo dell’accaduto, l’idea di un Sindaco e di un’Amministrazione che antepongono la tutela delle proprie responsabilità alla cura della comunità. Il Sindaco del resto, candidamente dichiara: “se poi quel dato era vero (quello dell’ARPAC di giovedì sera, ndr) io finivo sotto inchiesta dalla Procura”.

Il silenzio seguito all’ordinanza di giovedì sera è una conferma, parla e dice: vi avviso che dell’acqua non potete fare uso potabile, arrangiatevi. Si disegna una figura opposta a quella del rassicurante, prodigo Medico di campagna rappresentata da Balzac, cui Mastella, probabilmente senza saperlo, continuamente mostra di volersi ispirare.

L’INQUINAMENTO DEI POZZI

Il senso di abbandono sperimentato durante l’emergenza prevale tra le persone e inquina i pozzi della fiducia dei singoli e della comunità nelle istituzioni civili e sanitarie. La lacerazione di questa fiducia è oggi rimarchevole, tangibile, spaventosa. Per questo i frizzi e i lazzi di sabato sono intollerabili e reclamano un pentimento, un’azione risarcitoria (della fiducia infranta).

Non è utile a tal fine alcuna denuncia, anzi, sarebbe controproducente. Piuttosto occorrerebbe trasparenza sull’accaduto. Occorrerebbe affidare analisi e indagini accurate a laboratori di università o centri di ricerca, scelti magari attraverso un percorso condiviso con tutte le forze presenti  in Consiglio Comunale e con i comitati civici più rappresentativi.

La salute pubblica e la fiducia nelle autorità sanitarie sono beni preziosi e dovrebbero restare sovraordinati alla conflittualità politica e personale.

 

L’immagine che introduce il pezzo è attinta da Anteprima 24, qui il link