Antoine Doinel e il letto di Marion

 

Quarantatre anni fa, quasi quarantaquattro, Antoine Doinel lasciò il letto che Marion aveva fatto costruire per lui. Una nicchia in muratura, come un abbraccio solido e intangibile, esposto a mezzogiorno perché quell’abbraccio fosse più puro. Muro, luce, calore. Una custodia in cui ritrovarsi amato anche in solitudine.

Solo ora lui ricostruisce coscientemente il senso di quella stanza mitica, in fondo al corridoio dell’appartamento più bello dello stabile, periferica nella pianta, vincolo d’epicentro imposto agli ingegneri, cuore da cui dirama ogni corridoio, ogni scala, ogni stanza, ogni pilastro e trave. Chiunque entri in quel palazzo, ovunque vada, va nella direzione di quei dieci metri quadrati da cui doveva restare escluso ogni essere umano che non fosse stato Antoine Doinel nato l’otto luglio di un anno complicato.

Fu lui a restarne presto escluso, per ironia della sorte o più realmente per invereconda ferocia. Marion morì che lui aveva cinque o sei anni e nessuno pensò a lei, se non all’ottenne Antoine, quando lo cacciarono definitivamente. Un esilio che ancora perdura, senza alcuna tregua, senza alcuna pietà, senza alcun ritegno.

Per quarantatre anni Antoine ha pensato a quella stanza come un rimosso, una cisti della memoria, l’icona frantumata di una famiglia mai costruita, un rifugio mai accessibile. Eppure anche come un cofanetto da riaprire un giorno, la tomba di una vita che non è stata, il sarcofago in cui stendersi a ripensare e acquietarsi col dominio di uno spazio in cui si è svolto un tempo che doveva essere suo, che non è stato e mai sarà.

Nella fine di un’ora e di una vita doveva cominciare quel dominio fatuo ma denso che Antoine iniziava a rimuovere dal rimosso, a prefigurare come reale. Qualcuno che da lontano gli è passato vicino l’ha sentito pensare “ci andrò a dormire per una settimana”, senza sapere cosa intendesse né il valore di quel quel desiderio ingombrante e penoso.

Chimère, però, donna senza codice e senza grazia, chiude stipiti, parla col coltello, perpetua il canone della ferocia.

E Antoine Doinel continua a camminare sulla spiaggia.