Lo spumante ancestrale, le fave, il pecorino e l’amica

Champagne, Franciacorta, Lettere, spumante, cremant, frizzante, metodo classico, Charmat, Martinotti, Charmat lungo, champenois. Sui vini con le bollicine incombono identificazioni geografiche, sistemi produttivi, classificazioni per atmosfere di pressione e residui di dolcezza zuccherina, storie millenarie. L’ignaro bevitore che vuol mettere nel bicchiere l’allegoria dell’impeto che pizzica le vene quando sta per suggellare con un brindisi la serata d’amore e passione, è disorientato, gli basta che siano bollicine, allegre, piccanti, promettenti.

Tra i tanti appellativi dei vini con bollicine il meno diffuso e in verità il più suggestivo è senza dubbio “ancestrale”. In questa era che non ci stancheremo mai di definire di fuffafood con tanto marketing a dissimulare vuoti abissali e cosmogonie local enocook di banalità e superficialità siderali, il metodo ancestrale, con il quale la spumantizzazione avviene utilizzando gli zuccheri propri del vino residuati dalla prima fermentazione, con sorpresa colma di pienezza il Cremant du Jura del Domaine de la Pinte. Non è, sia chiaro, una pienezza di romantica nostalgia per l’evocazione di un’era in cui molto era affidato a pratiche ereditate e oscuri ardimenti tecnici dei vignaioli, alla loro esperienza, abilità e capacità di osservazione. E’ una pienezza di gusto. L’impatto di questo vino con i nostri sensi è solido; si percepisce, agli occhi, al naso e  al palato subitaneamente una corposità non comune spezzata, tuttavia, da bollicine lievi con una contrapposizione non codificata che arreca un pregio stupefacente al nostro cremant.

Nel bicchiere come in bocca le palline di anidride carbonica frangono il blocco paglierino vivacizzandone il colore, galvanizzando l’esalazione aromatica, inebriando capillarmente il nostro palato.

Prugnette gialle, salvia, aromi erbacei, paste lievitate e burrose, stuzzicante sapida freschezza.

Lo Jura è una regione stretta tra la Borgogna e la Svizzera, a sud di Digione, a nord di Ginevra, dominata dal massiccio montuoso omonimo e con una lingua di terra coltivata a vigneto per una settantina di chilometri lungo la direttrice nord est-sud ovest. Il territorio è di notevole pregio naturalistico e poiché è bello immaginare di viaggiare attraverso il bicchiere e creare unioni transazionali all’insegna del cibo e del vino, bandiamo ogni classico abbinamento e ne costruiamo uno d’occasione con i doni della nostra terra ben custoditi nelle dispense della cara amica che ci ospita. Ricotta di pecora, fave fresche, pecorino ben sudato e bello giallo di vecchiaia, quella foglia di basilico appena spuntata che rischia pur col suo modesto peso di far tracollare il vaso in bilico sulla soglia della finestra. La gentilezza d’animo della fanciulla trova nella potenza delle lame rotanti all’impazzata il suo insolito alleato; tutto frullato, ne vien fuori una crema morbida, sensuale, giustamente granulosa, saporita. La cucina ben fornita offre una spatolina per rivestire una fetta di pane in cassetta di una spessa coltre di crema. Di questa il candore, appena dolcemente punzecchiato dal verde delle fave e del basilico, viene violato dal roseo lembo di pancetta, al pari di ogni ambito e proibito desiderio, sin lì celato chissà dove. Una pastosa fettina di mango, infine, riafferma la vana ambizione moderna del politically correct e del pudore.

Un morso e un sorso. Il paradiso è accessibile ai vivi.

 

Cremant du Jura
Domaine de La Pinte
Importato da Gusto & Degusto
 
Articolo apparso sul “ROMA” del 23 maggio 2015 nella rubrica Odissea Gastronomica
 
 

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