Il “Timo” a un passo dall’Arco

Dal viale dei Rettori, salendo verso vico Trescene, l’attenzione è attratta da incoraggianti orbite luminose sospese, dietro una piccola finestra, in una stanza di cui non si dubita l’accoglienza e il conforto per i fortunati residenti. Già l’animo si predispone a immaginare le svolgersi di vite segrete in quel contesto presumibilmente votato al bello, quando si scopre che lo scorcio è quello della sala del ristorante Timo.

È aperto dall’agosto scorso nel cuore del centro storico di Benevento, a poche decine di metri dall’arco di Traiano, in una palazzina di inizio novecento ristrutturata con sapienza, lasciando in evidenza la ripida ma bella scalinata a blocchi di granagliato e alcune mattonelle cremisi e rosso, che formano l’immaginario delle case delle nonne beneventane.

Nel contesto della ristorazione sannita, una proposta decisamente coraggiosa e interessante, caratterizzata da una solida coerenza complessiva così sintetizzabile: sobrietà e finezza con una forte riconoscibilità.

Finisce con la scala l’evocazione del territorio, ambiente e menù minimal, con elementi e portate di grande carattere.  Finalmente nessuna retorica narrazione nella lista, semplice, delle portate: tre antipasti, tre primi, tre secondi e due dolci. Come troppo spesso capita, però, manca una selezione di formaggi.

Se il baccalà mantecato (ottimamente eseguito), lenticchie e mandorle è saporito, la rana pescatrice in pastella con salsa al miele è ragguardevole, non banale e, per altro, ben illustra il tema portante della cucina dello chef Celestino Reale: aromaticità e contrasto. Un tema che implica coraggio e tecnica in quanto facilmente si finisce col comporre piatti squilibrati e disgustosi.

Il gusto seducente, invece, continua con le linguine agli scampi, mandorle e caffè, imperdibili e non pregiudicate da uno scampo, freddo da lasciare senza scampo le gengive. L’inconveniente ne annuncia qualche ulteriore successivo e dà il segno di qualcosa da registrare in cucina nella gestione delle procedure di ripresa degli ingredienti e dei piatti.

Altro esercizio sul tema principale è la zuppa di ceci e rosmarino con vongole e limone candito. Anche in questo caso lo chef appare coraggioso e sprezzante del pericolo (il limone candito è ardito), ma supera la prova a pieni voti.

Più insulsi i paccheri con castagne e polvere di funghi.

Tra i secondi spiccano il tenerissimo coniglio con paté di olive nere, fegato di coniglio e caprino al limone e la golosissima pancia di maiale. Buio assoluto, purtroppo, sul vitello tonnato, risultato incomprensibile per cottura, taglio e condimento.

La bruciante assenza di formaggi è compensata da un ottimo semifreddo al pistacchio. Banale la spuma di cioccolato.

Ambiente molto accogliente con tavoli disposti ben larghi. In linea con una moda che gli uomini d’amore trovano fastidiosa, l’apparecchiatura dei tavoli per due, con i commensali disposti  di fronte piuttosto che accanto. Non è necessario accendere il flash dei telefonini per leggere il menù, essendo ben collocati faretti verticali che, per altro, danno giusta luce alla composizione dei piatti.

Eccezionalmente, un nota meritano le sedie, belle e comode. Non bastano, forse, le orbite luminose sospese e la imponente scala in ferro scuro, un po’ industrial, a compensare una certa freddezza della sala, accentuata dai tavoli senza tovaglia (ma con bellissimi tovaglioli).

La carta dei vini ha ricarichi equi ma si presenta striminzita, senza tema e con qualche rilevante errore di stampa (Morellino e Chianti riportati come vini campani).  Un paio di Champagne, poi, non dovrebbero mai mancare in ristoranti che per l’allestimento complessivo a ragione si candidano ad accogliere commensali lussuriosi e cene che anticipano o coronano incontri licenziosi.

Servizio attento e cortese, con qualche sbavatura (almeno un tutorial in rete sullo stappo delle bottiglie di vino sarebbe consigliabile).

Due menù degustazione, a trentacinque e trenta euro, danno la misura di un prezzo decisamente conveniente per la qualità della proposta.

Timo Resturant

Via Niccolò Franco 55/57

Tel. 327 425 4204

 

Articolo tratto dal Sannio quotidiano

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